Un’equipe mista formata dall’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e dall’Università Tor Vergata di Roma ha messo a punto un algoritmo innovativo, che permetterà di prevedere il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari. Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Journal of Cardiovascular Medicine”, prende in considerazione diversi profili della persona per valutare quest’eventualità: quello famigliare, il genetico e il comportamentale. L’unione di questi parametri fornirà gli elementi per ipotizzare la probabilità statistica che in futuro un individuo possa sviluppare una malattia cardiovascolare.
Tra gli autori del lavoro anche il Professor Maurizio Ferrari, ordinario di Patologia Clinica presso la nostra Università.
“Il problema delle malattie multifattoriali è che sono difficili da affrontare dal punto di vista della valutazione dei rischi, perché alla malattia concorrono un insieme di fattori ambientali e genetici. Inoltre – continua il Prof. Ferrari – in queste malattie il contributo genetico è spesso dovuto a molti geni, e ciascuno di essi porta un certo contributo: a differenza delle malattie monogeniche, dove c’è un gene maggiore che causa la patologia, qui ci sono tanti fattori che possono influire”.
Da qui l’idea di sviluppare un nuovo modello matematico ibrido, che combina le abitudini di vita del paziente, la sua storia famigliare e l’analisi di 11 geni da tempo noti per essere associati alle patologie cardiovascolari.
“Il software creato dal Professor Talamo, ordinario di Sicurezza Informatica a Tor Vergata, calcola nel tempo come varia il rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare” spiega ancora il Prof. Ferrari. “Esistono altri algoritmi che si sono rivelati utili in passato, ma questo nostro approccio statistico permette di considerare allo stesso tempo più fattori, che presi singolarmente sono meno efficaci, ma che insieme danno un’informazione predittiva importante”.
E siccome prevenire è meglio che curare, una volta compreso il rischio si potrà intervenire “giocando d’anticipo”, modificando le abitudini alimentari, lo stile di vita e/o i farmaci assunti dal paziente.
La speranza è quella di poter applicare lo stesso algoritmo ad altri tipi di malattie multifattoriali per le quali sarebbe possibile valutare il rischio, quali tumore, Parkinson e Alzheimer.