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MILENA, DOTTORATA UNISR, VINCITRICE DI DUE PRESTIGIOSE RESEARCH FELLOWSHIPS

18 April 2017
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Milena è una ricercatrice giovane ed entusiasta, Dottorata presso il Corso di Ricerca Internazionale in Medicina Molecolare presso l’Università Vita-Salute San Raffaele. È con grande piacere e (giustamente) grande orgoglio che in questa intervista ci racconta dei suoi brillanti studi e specialmente della vittoria di ben due prestigiose research fellowships (una delle quali vanta tra i suoi alumni anche parecchi premi Nobel). Ascoltiamo con gioia la testimonianza di Milena, facendole i più grandi in bocca al lupo per il suo presente e il suo futuro.

Ciao Milena, raccontaci di te

Mi chiamo Milena Bertolotti, ho 32 anni e sono cresciuta a Gorgonzola, un paese in provincia di Milano. Dopo il diploma scientifico mi sono laureata in Biotecnologie e poi in Biotecnologie Industriali all’Università Bicocca di Milano. In seguito ho svolto il periodo di tesi specialistica e il Dottorato nei laboratori del San Raffaele.

Che esperienza hai fatto presso il nostro Ateneo?

A partire dal 2008 ha lavorato ai laboratori del DIBIT (Dipartimento di Biotecnologie) del San Raffaele a vario titolo, con assegni di ricerca post lauream, sotto la guida del Professor Sitia, Capo dell’Unità “Trasporto e secrezione delle proteine”. È in questi anni che ho appreso come davvero funzioni il lavoro in laboratorio nell’ambito della ricerca di base e che ho cominciato a riflettere seriamente sull’opportunità di proseguire la mia carriera accademica e iniziare un Dottorato. Nonostante sia risultata vincitrice anche presso un’altra struttura, ho scelto di intraprendere il Dottorato in Medicina Molecolare presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, che ho concluso nel 2015.

In che modo studiare e lavorare nel nostro Istituto ti ha dato gli strumenti per lavorare bene?

Studiare al San Raffaele per me è stata una vera fortuna. È una struttura unica, che offre esperienze e possibilità che ad altri centri mancano: è un ambiente internazionale, ricco di opportunità e stimoli per sviluppare molteplici competenze, e questo mi ha dato la spinta per continuare la mia carriera accademica. Inoltre lì ho avuto la possibilità di misurarmi con alcune attività di didattica per gli studenti del primo anno di medicina, per i quali ho fatto da tutor, tenendo delle lezioni per il corso di Biologia Cellulare e Molecolare: questa esperienza è stata determinante al momento di presentare le varie application per fellowship e grant. Un grazie particolare lo devo al mio mentore, il Professor Sitia, che stimola, coinvolge e dà fiducia ai suoi collaboratori; è grazie a lui che ho avuto anche l’incredibile occasione di visitare un gruppo di ricerca in Corea del Sud per portare avanti degli esperimenti comuni.

Sicuramente il mio percorso al San Raffaele ha giocato un ruolo cruciale nella selezione per le fellowships, in quanto l’eccellenza accademica viene valutata sulla base di determinati requisiti, tra cui: performance sopra alla media negli studi, pubblicazioni rilevanti per il proprio settore (ne ho già 8 all’attivo, nella maggior parte delle quali sono primo autore), esperienze all’estero (aver lavorato in Corea del Sud è stato un grosso vantaggio) e di docenza universitaria.

Di cosa ti occupi oggi?

Da un anno mi sono trasferita a Friburgo, in Germania, per intraprendere il mio Postdoc nell’ambito dell’Immunologia Molecolare. Al San Raffaele avevo cominciato ad occuparmi dei linfociti B – in particolare dei meccanismi di regolazione ossidoriduttiva (per mantenere l’equilibrio della cellula in risposta agli stress ossidativi). Oggi studio invece in che modo le stesse cellule si interfacciano con l’esterno e in particolare come organizzano le “nanoisole” – nanostrutture ricche di recettori e altre molecole che servono alla cellula per tradurre gli stimoli esterni in processi interni. La mia è una ricerca di base, che indaga meccanismi cellulari e molecolari, ma che sono fondamentali per comprendere come si sviluppano alcune patologie autoimmuni, alcuni tipi di tumori del sangue e del sistema linfatico: questo è particolarmente importante per me, dato che ho perso il mio papà tre anni fa proprio a causa di un mieloma multiplo.

Recentemente sei stata vincitrice di ben due research fellowships! Vuoi raccontarci questo strepitoso risultato?

Sì, sono risultata vincitrice di due prestigiose research fellowships,  finanziamenti mirati a supportare il lavoro di ricercatori stranieri con alti potenziali accademici per un periodo di un paio di anni in territorio tedesco. Io svilupperò il mio progetto qui nel gruppo del Professor Michael Reth all’Università Albert-Ludwigs di Friburgo, in collaborazione con il Max Planck Institute di Immunobiologia e Epigenetica.

Le research fellowships per cui sono stata selezionata sono le seguenti:

Marie S. Curie FRIAS COFUND Fellowship Programme (FCFP) Junior Fellow

Alexander von Humboldt Research Fellowship for Postdoctoral Researchers

È un risultato che mi riempie d’orgoglio, ma non avrei potuto raggiungerlo se non avessi lavorato per anni in una struttura di eccellenza come il San Raffaele (nel suo complesso, Università e Ospedale), che mi ha fornito tutti gli strumenti, nozionistici e umani, per proseguire nella mia carriera accademica.

Affrontare queste application non è affatto semplice: si compongono di decine di pagine, che vengono inviate a team di revisori scelti tra i più importanti esperti accademici dei vari settori. Bisogna lavorare alla loro stesura come se si scrivesse un’altra tesi o articolo scientifico, curando anche in quel caso le referenze bibliografiche, la fattibilità sperimentale, e cercando di delineare con accuratezza gli obiettivi da perseguire e le tempistiche per raggiungerli.

I processi di selezione sono molto lunghi, complessi e altamente competitivi e le percentuali di successo molto basse: aver superato ben due di questi processi di selezione mi rende indubbiamente molto fiera.

Ti definiresti uno dei tanti “cervelli in fuga”? Ti piacerebbe prima o poi tornare in Italia?

No, non mi sento affatto un “cervello in fuga”: ho avuto la fortuna di essere stata spinta a emigrare dalla mia voglia di fare esperienza, non perché costretta. Oggi lavoro in Germania perché è funzionale ai temi della mia ricerca, ma la mia idea comunque è di tornare in Italia una volta conclusi questi progetti, sfruttando magari i programmi di supporto al rientro predisposti da alcuni enti finanziatori. Ad esempio, la borsa Humboldt prevede un supporto per l’eventuale successivo rientro in patria del ricercatore: non è escluso che un giorno ne possa usufruire.

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