Chirurgia del pancreas: la mortalità operatoria in molti ospedali è troppo alta
Un nuovo studio pubblicato sul British Journal of Surgery ha analizzato la mortalità operatoria dei singoli ospedali italiani, evidenziando l’urgenza di una nuova policy di accreditamento a livello nazionale.
Uno studio appena pubblicato sul British Journal of Surgery e condotto dal dottor Gianpaolo Balzano, chirurgo del Pancreas Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, ha analizzato i dati sulla mortalità operatoria per gli interventi di resezione pancreatica eseguiti in Italia nel triennio 2014-2016: secondo questi numeri, forniti dal Ministero della Salute in forma anonima, dei 395 ospedali italiani censiti ben 300 (il 77% delle strutture) ha realizzato in media solo 3 operazioni al pancreas all’anno. Un numero troppo basso, considerando che la chirurgia pancreatica è la più complessa della chirurgia addominale.
Lo studio vede tra gli autori anche il Prof. Massimo Falconi, Ordinario di Chirurgia UniSR, e la Dott.ssa Paola Rancoita, ricercatrice in statistica medica e membro del CUSSB (Centro Universitario di Statistica per le Scienze Biomediche), e propone come soluzione di centralizzare la chirurgia pancreatica su scala nazionale.
“Se l’ospedale non ha l’esperienza sufficiente, il paziente potrebbe non ricevere un trattamento adeguato” commenta Gianpaolo Balzano.
“I risultati evidenziano che in 300 ospedali la mortalità per resezione pancreatica è superiore al 10%, tre volte più alta rispetto ai centri con maggiore esperienza. Questo significa che ogni anno 130 decessi potrebbero essere evitati se tutti i pazienti fossero curati in centri ad alta specializzazione”.
Permettere di operare al pancreas solo agli ospedali ad alto volume nella chirurgia pancreatica non è però sufficiente. Secondo lo studio, infatti, non tutti i centri che eseguono un numero di interventi sufficiente a consolidare un’esperienza adeguata in chirurgia del pancreas riescono a offrire una bassa mortalità. In alcuni ospedali questo rischio può essere comunque superiore al 20 o 25%, soprattutto se manca una specifica formazione in chirurgia pancreatica, oppure se l’ospedale non dispone dei servizi essenziali per gestire le frequenti complicanze post-operatorie.
Ecco perché, secondo i dati analizzati dai ricercatori, il miglior modello di centralizzazione consisterebbe nel permettere di operare al pancreas soltanto a quei centri che effettuano più di 10 resezioni all’anno e la cui mortalità operatoria è inferiore al 5%. Da 395, gli ospedali accreditati diventerebbero 45. Attraverso questa scelta la mortalità media nazionale si dimezzerebbe, passando da 6.2% a 2.7%.
La centralizzazione della chirurgia pancreatica
“Occorre centralizzare la chirurgia pancreatica, restringendo il numero di centri abilitati per questo tipo di intervento e stabilendo rigide regole di accreditamento”, continua Balzano. “In chirurgia pancreatica, le scelte di politica sanitaria possono salvare più vite di ogni innovazione tecnica: è questa la ragione per cui dovrebbero essere istituite le “Pancreas Unit”, con precise linee di indirizzo organizzative e assistenziali, analogamente a quanto fatto dalla Conferenza Stato-Regioni con l’istituzione delle “Breast Unit” nel 2014.”
“La centralizzazione della chirurgia pancreatica è un imperativo morale: significa garantire a tutti i pazienti l’accesso a cure adeguate,” afferma il professor Massimo Falconi, primario dell’Unità di Chirurgia del Pancreas e direttore del Pancreas Center dell’Ospedale San Raffaele.
“Accanto alla centralizzazione, non dobbiamo dimenticare che rimangono fondamentali l’approccio multidisciplinare, l’umanizzazione delle cure e l’attenzione alla qualità della vita. Questo lavoro rafforza ulteriormente la validità del percorso intrapreso da Regione Lombardia dove il Consiglio Regionale ha approvato una risoluzione per la costituzione di Pancreas Unit, proprio sul modello delle Breast Unit, che si caratterizzano sotto il profilo dell’eccellenza, della multidisciplinarietà misurata con criteri e indicatori precisi”.