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Scoperte nuove cellule nel fegato: potrebbero essere efficaci contro l’epatite B

01 settembre 2021
Medicina

Uno studio del San Raffaele ha individuato un nuovo tipo di cellule del sistema immunitario con attività antivirale. Si chiamano cellule di Kupffer 2 (KC2), finora sconosciute, e sembrano in grado di migliorare la capacità di combattere le infezioni. Questa scoperta aggiunge un tassello importante alla complessa rete di risposte immuni nei confronti delle infezioni virali e può avere implicazioni terapeutiche importanti nei confronti dell’epatite B.

Non solo spazzini

Le cellule di Kupffer risiedono nel fegato, dove svolgono il duplice ruolo di prima difesa contro le infezioni e di “spazzini” del sangue rimuovendo le cellule danneggiate o invecchiate. I ricercatori del San Raffaele hanno scoperto una seconda classe di cellule, chiamate cellule di Kupffer di tipo 2, che mediano l’attivazione del sistema immunitario.

È proprio nel fegato che il team diretto da Matteo Iannacone, Professore associato di patologia generale dell’Università Vita-Salute San Raffaele, concentra una parte della propria attività di ricerca, cercando di svelare in che modo il sistema immunitario è in grado di orchestrare la propria attività contro i patogeni e i tumori.

Già nel 2019 il team del Prof. Iannacone aveva pubblicato uno studio sulla prestigiosa rivista Nature in cui descriveva il ruolo dell’interleuchina-2 (IL-2), una molecola-messaggero dell’immunità, nell’attivazione di una specifica classe di globuli bianchi, i linfociti T CD8+ contro il virus dell’epatite B (HBV). Oggi, grazie a un modello murino, i ricercatori dell’unità di Dinamica delle Risposte Immunitarie hanno compiuto un passo in più scoprendo che a mediare l’attivazione dei linfociti sono proprio le cellule di Kupffer di tipo 2.

Le cellule di Kupffer 2 mediano la risposta dei linfociti

La scoperta, pubblicata sull’ultimo numero di Immunity, ha identificato caratteristiche peculiari delle cellule di Kupffer 2, che le differenziano da quelle “convenzionali”.  Grazie all’utilizzo di sofisticate tecniche di sequenziamento dell’RNA e di citometria per l’analisi dei recettori cellulari i ricercatori hanno infatti scoperto le cellule di Kupffer 2, una volta stimolate dall’interleuchina-2, sono in grado di esporre sulla propria superficie frammenti del virus dell’epatite B per innescare la risposta dei linfociti (un meccanismo noto come cross-presentazione dell’antigene).

Al contrario, sappiamo che le cellule di Kupffer “convenzionali” non sono efficienti in questo processo: le epatiti virali croniche potrebbero essere dovute anche a questa inefficienza. Finora lo studio è stato effettuato nel fegato di un modello animale, tuttavia, cellule con caratteristiche genetiche simili alle cellule di Kupffer 2 murine sono state recentemente identificate anche nell’uomo. Se queste cellule avessero le stesse peculiarità descritte nel topo, sarebbe possibile ipotizzare di stimolarle, ad esempio tramite interleuchina-2, come terapia delle forme croniche dell’epatite B.

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