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Disinformazione scientifica: un esperimento UniSR svela come contrastarla

12 aprile 2022
Ricerca

Attraverso la ricostruzione simulata di un social media e oltre 5000 partecipanti, i ricercatori hanno studiato come aumentare l'approccio critico degli utenti online verso i contenuti informativi

Aiutare gli utenti online a riconoscere falsi contenuti scientifici, applicando tecniche da fact-checker professionisti: è questo l’obiettivo di una ricerca condotta da un gruppo di ricercatori di Università Vita-Salute San Raffaele.

La ricerca, pubblicata su Scientific Reports, è stata coordinata da Carlo Martini, professore associato di filosofia e membro del Centro di Ricerca in Epistemologia Sperimentale e Applicata (CRESA) diretto dal professor Matteo Motterlini.

Lo studio ha coinvolto oltre 5000 partecipanti e i risultati ottenuti suggeriscono alcune semplici strategie che le piattaforme social media potrebbero applicare per aiutare i loro utenti a riconoscere la disinformazione scientifica: una piccola retribuzione economica e delle finestre pop-up che si attivano prima di condividere un contenuto, per ricordare agli utenti alcune tecniche base di fact-checking.

Le tre regole d’oro del fact-checking

L’esperimento condotto dal gruppo di ricercatori UniSR fa parte del progetto europeo PERITIA, il cui obiettivo è comprendere meglio come il pubblico definisca e identifichi gli “esperti”, discriminando così tra fonti attendibili e non attendibili e contribuendo a combattere la disinformazione, soprattutto online.

Spiega Folco Panizza, primo autore dello studio che ha condotto durante il suo periodo di post-dottorato presso UniSR:

Abbiamo scelto di focalizzare la nostra attenzione su uno degli approcci più studiati per combattere la disinformazione online: il cosiddetto fact-checking, un insieme di regole che permettono di verificare la correttezza e l’affidabilità di una notizia.

Sono tre le regole fondamentali per controllare un contenuto informativo online: cercare la stessa notizia raccontata su altri siti, confrontando i risultati tra loro attraverso la cosiddetta “lettura laterale”; controllare la fonte da cui proviene la notizia (la sua identità politica/ideologica, i suoi interessi); “astenersi dal click”, ovvero astenersi dal cliccare immediatamente sui primi risultati che un motore di ricerca presenta durante qualsiasi attività online (anche quella relativa ai primi due punti).

Purtroppo, nonostante la loro semplicità, le tecniche di fact-checking sono meno conosciute e applicate di quanto sarebbe necessario. Ecco perché è fondamentale capire cosa potrebbe spingere gli utenti a utilizzarle di più, contribuendo così a creare un ecosistema informativo più pulito.

L’esperimento di simulazione online

Per osservare il comportamento naturale degli utenti di fronte alle notizie diffuse in rete, i ricercatori hanno sviluppato una simulazione altamente fedele di Facebook, che ne riproduceva anche le grafiche e l’interattività.

All’interno di questa simulazione realistica, hanno sottoposto i partecipanti a una serie di articoli realmente pubblicati online e riguardanti i più disparati argomenti scientifici. Alcune di queste notizie erano scientificamente provate, altre invece delle vere e proprie fake news.

Gli utenti coinvolti nell’esperimento – in totale oltre 5000 cittadini del Regno Unito – sono stati incentivati a valutare i contenuti in due modi: a fronte di una remunerazione economica, anche se modesta, e attraverso una finestra pop-up che suggeriva loro le regole di fact-checking per verificare l’accuratezza delle informazioni.

Dall’esperimento è emerso che entrambe le metodologie sono efficaci e che il risultato migliore si ottiene combinandole tra loro.

La disinformazione scientifica contribuisce a creare un clima di sfiducia della società nei confronti della scienza, creando tensioni nel dibattito su temi fondamentali come vaccini, adozione di misure per far fronte ai cambiamenti climatici, politiche sanitarie e sociali.

– afferma Carlo Martini, che ha coordinato lo studio pubblicato su Scientific Reports e che in PERITIA guida il gruppo di lavoro su Behavioral Tools for Building Trust.

Per questo è importante trovare nuove soluzioni per contrastare le fake news e per educare gli utenti a una corretta verifica delle fonti. Nell’attuale contesto digitale, solo una condivisione collettiva dei meccanismi di responsabilità e controllo può permetterci di ridurre con successo la disinformazione online.

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