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Stampare le cellule in 3D per studiare la leucemia: la ricerca di Cristina, biotecnologa UniSR

14 dicembre 2017
Ricerca

Una stampante di cellule tridimensionali per studiare meglio la leucemia linfatica cronica: è il prezioso acquisto, primo in Italia, della Dott.ssa Cristina Scielzo, una degli 8 ricercatori italiani vincitori della prima edizione del bando Roche per la ricerca.

IL PROGETTO DI CRISTINA

Cristina è una giovane ricercatrice dal bel sorriso e dagli occhi svegli e intelligenti; dopo la Laurea Triennale a Genova, la Laurea Magistrale in Biotecnologie Mediche, Molecolari e Cellulari presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e il Dottorato in Fisiologia conseguito all’Università Statale di Milano, oggi è project leader della Divisione di Oncologia Sperimentale all’Ospedale San Raffaele, dove si occupa di studiare la leucemia linfatica cronica.

Spiega la Dott.ssa Scielzo: “Ho sempre avuto un interesse particolare per i linfociti B [cellule del sistema immunitario responsabili della produzione di anticorpi, N.d.R.], e avevo l’intenzione di studiarli nel contesto di una malattia. La mia scelta è ricaduta sulla leucemia linfatica cronica per vari motivi: innanzitutto è una patologia molto eterogenea, che non si finisce mai di studiare ed approfondire. Ha il grande vantaggio che i pazienti affetti presentano un’altissima concentrazione di linfociti nel sangue periferico da isolare ed utilizzare come materiale di studio. Infine, ad oggi non è una malattia curabile, probabilmente a causa di molti meccanismi non ancora chiariti, e questo è sicuramente un motivo in più che mi ha spinto a dedicarmici”.

In questo tipo di patologia, un ruolo fondamentale è svolto dal microambiente: “Come in molte leucemie, le cellule tumorali si trovano nel circolo sanguigno ma  proliferano e si accumulano soprattutto negli organi linfoidi, quali midollo osseo, linfonodi e milza. Qui stabiliranno delle interazioni con le cellule del microambiente, il tessuto circostante che determina lo sviluppo e la progressione della malattia, che però attualmente non sono ben chiarite”.

Da tempo la Dr.ssa Scielzo si occupa dello studio del citoscheletro delle cellule leucemiche attraverso l’analisi della proteina HS1 . Questo l’ha portata a fare diverse osservazioni, in particolare: “Il modo in cui generalmente si studiano le cellule, cioè adese a una piastra o su un vetrino, non è affatto fisiologico, perché sono “costrette” a una bidimensionalità che non riflette il loro reale comportamento nell’ambito della malattia”. La Dott.ssa Scielzo ha dunque avuto l’intuizione di studiare le cellule in un ambiente più simile a quello reale: “Data l’interazione delle cellule leucemiche con il microambiente, ho pensato a una stampante che potesse ricreare un contesto tridimensionale che fosse più simile possibile a quello della patologia”.

UN AIUTO DAL BANDO ROCHE

Un progetto ambizioso e innovativo dal grande potenziale, intitolato “Prototipazione di una bio-stampante 3D da banco per ricapitolare il microambiente leucemico come modello completo in vitro per testare nuove terapie target”, che la Dott.ssa Scielzo ha presentato partecipando alla prima edizione del Bando “Roche per la Ricerca: su oltre 340 candidature provenienti dai laboratori e istituti di ricerca in tutta Italia, Cristina è risultata tra gli 8 vincitori. “Oltre a rendermi ovviamente molto orgogliosa e fiera di questo risultato, perché mi conferma che io e il mio gruppo stiamo procedendo sulla strada giusta, questo importante finanziamento mi ha permesso di sviluppare meglio il mio progetto”.

Guarda l’emozionante video con gli 8 vincitori:

Il progetto è stato possibile anche grazie ad un finanziamento AIRC ottenuto dalla Dr. Scielzo (MY FIRST GRANT AIRC) attraverso il  quale l’anno scorso Cristina ha potuto acquistare la stampante INKREDIBLE, una innovativa stampante 3D per cellule per i suoi studi in 3D.

COME FUNZIONA INKREDIBLE

INKREDIBLE è prodotta dall’azienda svedese CELLINK. “Con questa stampante si ha la possibilità di mescolare le cellule dei pazienti con un gel, composto per il 95% di acqua, studiato e brevettato per essere più vicino al fisiologico e meno tossico possibile. Il resto è poi prodotto dalle cellule stesse una volta immerse nell’hydrogel, che iniziano a comporre la loro matrice extracellulare: in questo modo creiamo una vera e propria cartuccia, che useremo per stampare”. Insieme alla stampante viene fornito anche un software, che consente di decidere dove e come posizionale le cellule, programmando la stampa secondo le proprie esigenze: “Due ingegneri svedesi del team di CELLINK ci hanno raggiunti più volte per un training su come usare la macchina e il software. Al momento stiamo ancora imparando ad utilizzare il programma, ma col computer possiamo costruire la struttura di nostro interesse. Fino ad oggi abbiamo realizzato modelli semplici, delle sorte di ciambelline contenenti due tipi cellulari, ma contiamo al più presto di riuscire a dedicarci a forme più complesse”.

Una volta creato un microambiente funzionale si potrà studiare in un contesto più fisiologico la risposta delle cellule leucemiche, ad esempio a trattamenti con diversi farmaci. “Le cellule primarie che noi otteniamo dai prelievi ai pazienti sono molto delicate e fragili, e trasportarle in altri istituti per studiarle ne compromette la vitalità: il grande vantaggio di INKREDIBLE è la sua compattezza, che le consente di stare sul bancone e analizzare le cellule direttamente nel nostro laboratorio”.

PROSPETTIVE FUTURE

Che risultati si sono ottenuti finora? “È ancora presto per parlare di risultati definitivi, dato che abbiamo iniziato a usare INKREDIBLE solo a Gennaio” riflette la Dott.ssa Scielzo. “Tuttavia, posso dire che le cellule che stampiamo sono vitali, stanno bene, e questo è già un ottimo punto di partenza”.

Naturalmente i campi di applicazione di INKREDIBLE non sono affatto limitati alla leucemia linfatica cronica, ma può risultare utile in ogni tipo di ricerca in cui sia cruciale ricreare un ambiente fisiologico, quali la medicina rigenerativa, altre leucemie o anche tumori solidi. “Molti ricercatori hanno mostrato interesse per questo approccio innovativo” dichiara Cristina. E conclude: “Quando avremo perfezionato le competenze necessarie e avremo raccolto dati significativi potremo certamente aprirci a campi di studio diversi e pensare a delle possibili collaborazioni con altri laboratori”.

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