Distrofia muscolare di Duchenne e Becker: il Dott. Previtali alla XV Conferenza Internazionale
Il Dottor Stefano Previtali, Capo dell’Unità “Rigenerazione neuromuscolare” presso l’Ospedale San Raffaele, ha partecipato alla XV Conferenza Internazionale sulla Distrofia Muscolare di Duchenne e Becker, svoltasi a Roma il 17-19 Febbraio scorsi.
In quest’intervista il Dott. Previtali ci spiega cosa sono queste patologie e qual è lo stato della ricerca, specie quella condotta nel nostro Istituto.
Dottor Previtali, che cos’è la distrofia muscolare?
Quello di “Distrofia muscolare” è un termine che descrive un sovvertimento della struttura del muscolo in seguito a una patologia: si tratta di un termine tipico del patologo per descrivere una situazione in cui una grossa componente fibrotica prende il posto del tessuto muscolare, che è degenerato e atrofizzato in seguito ad un processo patologico. A questo termine “patologico” corrispondono un gruppo di malattie (le distrofie muscolari) che rientrano nell’ambito delle miopatie.
Le miopatie sono tutte le malattie del muscolo; all’interno di questo insieme ci sono delle miopatie più lievi e altre più gravi, e tra quelle più gravi ci sono appunto le distrofie muscolari. La classica distrofia, la più famosa e anche una delle più studiate, è la distrofia di Duchenne, che colpisce tipicamente i bambini e causa loro grossi problemi motori e di sopravvivenza. Ci sono poi altre distrofie, come ad esempio le distrofie dei cingoli, la fascio-scapolo-omerale, le distrofie distali…il livello di variabilità è molto ampio, perciò possono esistere forme più gravi e altre più lievi, in cui addirittura i pazienti si accorgono della patologia quando sono in età più avanzata, e con un minore impatto sulla loro condizione.
Che differenza c’è tra la distrofia di Duchenne e la distrofia di Becker?
Le Distrofie muscolari di Duchenne (DMD) e di Becker (BMD) sono due varianti, rispettivamente più e meno grave, della stessa malattia. Quando sono state identificate si pensava che fossero due malattie differenti; solo alla fine degli anni ’80 si è scoperto invece che entrambe sono dovute a mutazione nello stesso gene, quello della distrofina.
La distrofina è una proteina localizzata sulla superficie delle cellule muscolari ed è parte importante di un complesso di proteine che connette il citoscheletro [lo “scheletro” della cellula, N.d.R.] con la matrice extracellulare circostante. In assenza di distrofina, la membrana cellulare dei muscoli è più fragile a ogni contrazione e più permeabile a fattori tossici esterni. Con il tempo, questo fenomeno causa la morte delle fibre muscolari e genera un processo infiammatorio cronico, che a poco a poco sostituisce il muscolo con vere e proprie cicatrici di tessuto fibroso incapaci di contrarsi.
Nella distrofia di Duchenne, il gene ha una mutazione tale che non riesce più a produrre la proteina, che quindi è del tutto assente. La malattia in questo caso è più grave, colpisce i bambini e i primi sintomi si manifestano, generalmente, tra i 2 e i 4 anni.
Nella distrofia di Becker invece la mutazione è tale per cui si riesce a produrre una proteina che è comunque funzionante, nonostante sia più piccola. A livello motorio, le manifestazioni di questa forma ricalcano quelle della distrofia di Duchenne, ma in forma più lieve e con esordio più tardivo.
In queste distrofie non importa quanto è grossa la mutazione: piuttosto, è importante se si mantiene l’ordine di lettura (in gergo scientifico, il “frame”) del DNA. Una mutazione, anche molto grande, che però mantiene in frame la lettura del DNA, permette comunque di produrre la proteina; al contrario, una mutazione molto piccola, anche di un singolo nucleotide [i “mattoncini” che compongono il DNA, N.d.R.], può modificare il frame di lettura del DNA e impedire la produzione di distrofina, causando la distrofia di Duchenne.
Di queste due distrofie ha parlato anche lei alla XV Conferenza Internazionale; su cosa si è concentrato il suo intervento?
Alla Conferenza ho presentato uno studio farmacologico, in corso presso il nostro Istituto, con un farmaco chiamato Rimeporide, inizialmente pensato per il trattamento delle cardiomiopatie, ma che poi non era più stato utilizzato in quell’ambito; invece, studi su modelli cellulari e animali hanno mostrato che poteva essere utile per il trattamento delle distrofie muscolari, specie quella di Duchenne.
Nei pazienti DMD, l’assenza di distrofina causa un accumulo di sodio e calcio tale da indurre la morte delle cellule muscolari; contrastando l’ingresso di questi ioni quindi, si limiterebbe la degenerazione. La Rimeporide interviene in questo processo inibendo l’attività di un trasportatore del sodio e evitando che quantità eccessive di questo ione attivino il funzionamento di un complesso proteico che consente al calcio di entrare nella cellula.
Attualmente noi siamo uno dei quattro centri europei a testare questo farmaco su bambini affetti da Duchenne; questo è un primo studio di sicurezza, per valutare se il farmaco dia effetti collaterali. Ad oggi sono stati trattati 15 dei 20 pazienti in programma e stanno tutti bene; pensiamo di poter procedere presto con uno studio di efficacia, in modo da studiare se effettivamente questo trattamento aiuta a rallentare il decorso della malattia.
La Conferenza era organizzata da Parent Project onlus, un’associazione di genitori, bambini e ragazzi che convivono con questa patologia. Quanto è importante il contributo delle associazioni di famiglie?
Il loro contributo è importantissimo. Purtroppo le distrofie in generale impattano molto sulla vita del paziente e sui suoi cari; i bambini colpiti dalla malattia affrontano tutte le tappe di crescita con grossi deficit funzionali, e la vita delle famiglie è in buona parte dedicata ad accudire questi bambini e ragazzi.
Le associazioni di famiglie sono fondamentali per capire le difficoltà legate a questa condizione: come fare a risolverle, come ottenere alcune facilitazioni, a quali centri rivolgersi, essere aggiornati su eventuali nuove terapie che possono essere tentate, o anche semplicemente su nuove procedure di tipo fisioterapico, dunque sono un grandissimo supporto per il paziente e la sua famiglia [la XV Conferenza Internazionale sulla Distrofia di Duchenne e di Becker si è in effetti aperta con uno spazio dedicato alla formazione per le famiglie, in cui gli specialisti hanno dialogato con ragazzi, genitori e parenti per affrontare insieme temi legati agli aspetti della vita quotidiana, N.d.R.]. Inoltre, queste associazioni sostengono anche la ricerca: aiutano a sovvenzionare la ricerca in quest’ambito, e quindi a trovare delle soluzioni per migliorare la vita dei pazienti e raggiungere finalmente una terapia.
Ringraziamo il Dott. Previtali per l’intervista; ulteriori informazioni su ParentProject Onlus sono disponibili qui.