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Dal San Raffaele nuova luce sulla sicurezza dell’anestesia in ambito cardiochirurgico

14 giugno 2019
Ricerca

Le linee guida in tutto il mondo sottolineano come l’anestesia volatile (o inalatoria) sia preferibile rispetto a quella di tipo intravenoso per i suoi effetti cardioprotettivi nelle operazioni cardiochirurgiche, quali ad esempio il bypass aortocoronarico. Uno studio multicentrico pubblicato oggi sulla prestigiosa rivista The New England Journal of Medicine dimostra, invece, che dal punto di vista della sicurezza non c’è alcuna differenza fra i due tipi di anestesia.

La ricerca, condotta in 36 centri e 13 paesi con un coinvolgimento di 5.400 pazienti, è stata coordinata interamente da medici e ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele – una delle 19 strutture d’eccellenza del Gruppo San Donato – in particolare dal Prof. Giovanni Landoni, Associato di Anestesia e Rianimazione all’Università Vita-Salute San Raffaele e referente Ricerca Clinica in Anestesia e Rianimazione Chirurgica, e dal Prof. Alberto Zangrillo, Ordinario di Anestesia e Rianimazione UniSR e referente Aree Cliniche del San Raffaele. Per numero di centri e pazienti coinvolti, la ricerca è uno dei più grandi studi anestesiologici mai condotti.

Oggi l’anestesia è indispensabile per qualsiasi tipo di intervento chirurgico, in quanto permette ai pazienti di essere sottoposti a operazioni e altre procedure più o meno invasive senza provare dolore, oltre a proteggere l’organismo dall’intervento stesso. Molti progressi della chirurgia dipendono dagli sviluppi della moderna anestesia, senza la quale, per esempio, non sarebbe possibile effettuare interventi cardiochirurgici maggiori, le cosiddette “operazioni a cuore aperto”. Negli anni, ricerche pre-cliniche e meta-analisi hanno suggerito di preferire, negli interventi al cuore, l’anestesia inalatoria rispetto a quella intravenosa per le sue conseguenze farmacologiche positive, come la riduzione di infarto miocardico. Tuttavia, fino a oggi non esistevano studi consistenti che dimostrassero delle reali differenze nelle conseguenze cliniche tra anestesia intravenosa e volatile nei pazienti sottoposti a questo tipo di operazioni.

La ricerca condotta dai medici e ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, in collaborazione con ospedali di tutto il mondo – dal Brasile alla Malesia, dall’Arabia Saudita alla Russia – ha voluto verificare l’effettiva differenza fra i due tipi di anestesia generale nelle operazioni di bypass aortocoronarico, monitorando la mortalità a un anno dei pazienti ed eventuali reazioni avverse all’anestesia. “Abbiamo scelto di focalizzarci sull’intervento di bypass aortocoronarico perché si è dimostrato essere un ottimo modello per vedere gli effetti dell’anestesia, oltre che uno degli interventi maggiori più frequenti – conta infatti circa un milione di interventi l’anno”, afferma il Prof. Landoni, primo autore dello studio.

Dal 2014 al 2017 sono stati reclutati 5.400 pazienti – un numero particolarmente ampio per ricerche di questo tipo – successivamente divisi in due gruppi in modo randomizzato: un gruppo è stato trattato con anestesia volatile e l’altro con anestesia intravenosa. Monitoraggi successivi non hanno mostrato alcuna differenza significativa nelle conseguenze cliniche post-operazione. Anestesia volatile e intravenosa sono, quindi, ugualmente sicure.

Siamo molto orgogliosi del risultato ottenuto perché, oltre a rassicurare medici e pazienti, ciò significa che già nell’immediato sarà possibile ridurre i costi dell’anestesia in ogni paese: dal momento che i risultati sono del tutto comparabili, saranno i paesi stessi a decidere se preferire un’anestesia rispetto all’altra a seconda dei costi che questa comporta caso per caso”, afferma il Prof. Zangrillo.

Lo studio, oltre a essere uno dei più grandi studi anestesiologici mai condotti, è un esempio di ricerca clinica indipendente e collaborativa, promossa e realizzata grazie a finanziamenti ricevuti dal Ministero della Salute.

I risultati dello studio verranno presentati a Brussels il 19-22 marzo durante la 39esima edizione del congresso ISICEM (International Symposium on Intensive Care and Emergency Medicine), il più importante in questo campo, con oltre 11.000 partecipanti.

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