Isolare un virus, come suggerisce la parola, indica la capacità di “separarlo” dall’organismo da cui proviene. L’obiettivo è ottenerne grandi quantità in coltura e poterlo studiare in laboratorio.
L’isolamento viene effettuato a partire da un campione – ad esempio di sangue o saliva – prelevato da un paziente infetto. Attraverso una complessa e delicata procedura i ricercatori riescono a eliminare il materiale inutile contenuto nel campione, come le cellule del paziente o eventuali batteri, e a inoculare il virus in colture cellulari ad hoc, dove il virus può replicarsi (i virus infatti – a differenza dei batteri – necessitano delle cellule per riprodursi).
L’isolamento del virus può essere più o meno facile a seconda della capacità infettiva del patogeno. “Il fatto che siamo riusciti a isolare SARS-CoV-2 così velocemente e in numerosi campioni è solo l’ulteriore evidenza che questo virus si trasmette in modo molto efficiente anche in vitro, oltre che in vivo”, afferma il professor Massimo Clementi, ordinario di Microbiologia e Virologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele. Il suo laboratorio vanta una lunga esperienza nello studio dei Coronavirus e nel 2003 ha isolato l’unico ceppo italiano della SARS.