Covid-19: trattati a domicilio con colchicina pazienti a rischio di progressione clinica
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I medici del San Raffaele mostrano per la prima volta la sicurezza e l’efficacia della colchicina, una molecola antinfiammatoria, nel trattare precocemente pazienti Covid-19
L’efficacia dei trattamenti nei pazienti Covid-19 dipende anche, e soprattutto, dalla precocità della loro somministrazione. Ecco perché i medici dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, per intercettare e spegnere la risposta infiammatoria scatenata dal nuovo coronavirus nelle primissime fasi della malattia, hanno deciso di intervenire sul territorio somministrando a domicilio la colchicina, una molecola con effetti antinfiammatori nota fin dall’antichità.
Lo studio, condotto da Emanuel Della Torre, ricercatore dell’Università Vita-Salute San Raffaele e immunologo presso l’Unità di Immunologia, Reumatologia, Allergologia e Malattie Rare dell’IRCCS San Raffaele, e coordinato da Moreno Tresoldi, primario dell’Unità di Medicina Generale e delle Cure Avanzate, descrive per la prima volta l’efficacia e la sicurezza del farmaco antinfiammatorio in pazienti COVID positivi e sottolinea l’importanza di agire tempestivamente, per ridurre il rischio che una possibile progressione in insufficienza respiratoria porti a un’eccessiva affluenza di casi critici negli ospedali. Lo studio è stato recentemente pubblicato sulla rivista Clinical Immunology.
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Lo studio del San Raffaele
“Lo studio è stato condotto nel mese di marzo, in piena pandemia. Abbiamo somministrato la colchicina in 9 pazienti domiciliari che, col passare dei giorni, avevano manifestato caratteristiche cliniche suggestive di un’evoluzione iper-infiammatoria” spiega il dottor Moreno Tresoldi, coordinatore dello studio.
COVID-19 nella maggior parte dei casi, infatti, esordisce come una sindrome simil-influenzale che tende ad auto risolversi. In circa il 30% dei casi, invece, dopo una iniziale fase prodromica si assiste alla comparsa di febbre elevata, tosse e affaticamento respiratorio. “Questa popolazione di pazienti è quella più a rischio di ricovero e di supporto ventilatorio poiché la dispnea evolve rapidamente in un’insufficienza respiratoria” specifica Tresoldi.
Spiega Emanuel Della Torre, primo nome della ricerca:
“Colchicina è stata somministrata con una dose di carico seguita da una dose di mantenimento dopo almeno cinque giorni di febbre > 38°C. Tutti i 9 pazienti trattati a domicilio si sono sfebbrati entro 72 ore con risoluzione della tosse e solo in un caso è stato necessario procedere al ricovero per un supporto di ossigeno a basso flusso”.
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Colchicina: perché usarla e come funziona
La colchicina è una molecola estratta dalle piante del genere Colchicum e, per le sue proprietà antinfiammatorie note fin dall’antichità, viene oggi considerata come terapia di scelta nella gotta, nelle pericarditi croniche e in malattie auto-infiammatorie caratterizzate da febbri periodiche, come la febbre mediterranea familiare.
“I meccanismi fisiopatologici responsabili della transizione da una fase pauci-sintomatica a una polmonite iper-infiammatoria in pazienti COVID-19 sembrano risiedere nell’attivazione dell’inflammasoma da parte del virus” – spiega Emanuel Della Torre. L’inflammasoma è un complesso di proteine che, se attivato, porta al rilascio di mediatori dell’infiammazione (citochine) responsabili della febbre e del danno d’organo. Nei pazienti con forme gravi di COVID-19 ricoverati in tutto il mondo, questi mediatori sono oggi bersaglio di terapie somministrate per via endovenosa con l’intento di bloccare a monte la cascata infiammatoria e spegnere la cosiddetta tempesta citochinica.
“Nel nostro studio - continua Emanuel Della Torre - abbiamo deciso di usare colchicina per le possibili interferenze di questo farmaco con i meccanismi patogenetici implicati in COVID-19. Colchicina, infatti, agisce bloccando l’attivazione dell’inflammasoma, impedendo l’eccessivo accumulo di cellule infiammatorie nei tessuti, e, secondo alcuni studi, ostacolando l’ingresso del virus nelle cellule”.
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L’importanza di un’azione tempestiva sul territorio
“Sebbene siano necessari studi di dimensione maggiore per confermare questi risultati, la nostra esperienza solleva spunti di riflessione importanti in termini di strategie terapeutiche e di politiche sanitarie” conclude Moreno Tresoldi.
“Da un lato, considerato che si tratta di un farmaco diffuso in tutti i paesi del mondo, somministrato oralmente e a basso costo, colchicina rappresenta una molecola prontamente disponibile per il trattamento di COVID-19. Dall’altro, siamo fortemente convinti che agire sul territorio sia fondamentale per intercettare precocemente la risposta infiammatoria scatenata da SARS-CoV-2, evitare la progressione in insufficienza respiratoria di quadri clinici a rischio, e ridurre l’affluenza di casi critici negli ospedali e nelle terapie intensive”.
#GRANTWINNERS: il Dott. Della Torre è risultato vincitore di un finanziamento di Fondazione Cariplo per i suoi studi sulla Malattia IgG4-correlata. Leggi la news
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