Attraverso lo studio dettagliato di linfociti T anti-tumorali nel sangue periferico dei pazienti dopo il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, i ricercatori hanno osservato come queste cellule siano presenti nel 90% dei pazienti analizzati ma, purtroppo, nonostante questa ottima premessa, non siano in grado di effettuare la loro funzione di “killer” del sistema immunitario.
“Il motivo sta nel fatto che questi recettori anti-tumorali sono soggetti ad “esaurimento funzionale”, causato dalla presenza sulla loro superficie di molecole in grado di “spegnerli”, fenomeno che sembra essere particolarmente rilevante per i pazienti in cui si manifesta una recidiva della malattia”
dichiara Francesco Manfredi, primo autore dello studio, al momento della pubblicazione ricercatore presso l'Unità di Ematologia Sperimentale.
La dottoressa Eliana Ruggiero, ricercatrice presso la stessa Unità e co-ultimo autore dello studio, aggiunge:
“Combinando l’analisi dettagliata delle proteine espresse sui linfociti T anti-tumorali con le tecnologie di sequenziamento del trascrittoma e del peptidoma - quest’ultima attività, in collaborazione con il Professor Vincenzo Cerullo dell’università di Helsinki -, abbiamo identificato non solo una libreria di TCR, ossia le proteine espresse sulla superficie dei linfociti T, in grado di riconoscere il tumore, ma anche delle molecole espresse dalle cellule tumorali che potrebbero in futuro essere utilizzate come nuovo bersaglio terapeutico”.