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Sclerodermia: al San Raffaele identificata molecola chiave nello sviluppo della malattia

12 September 2018
Research

La sclerodermia è una malattia autoimmune invalidante, difficile da diagnosticare e orfana di una cura efficace; chiamata anche sclerosi sistemica, è caratterizzata dall’infiammazione e dall’occlusione dei piccoli vasi sanguigni e dal progressivo ispessimento della pelle e dei tessuti connettivi interni. Fino a oggi il meccanismo che innesca e che mantiene l’attivazione del sistema immunitario è rimasto poco compreso, cosa che non ha aiutato lo sviluppo di terapie efficaci; tuttavia, uno studio a firma dei ricercatori dell’Università Vita-Salute e dell’Ospedale San Raffaele potrebbe aprire nuove prospettive.

La ricerca pubblicata oggi su Science Translational Medicine identifica per la prima volta il ruolo chiave di HMGB1 come singola molecola responsabile dell’avvio e del coordinamento di alcuni dei meccanismi chiave della patologia.

Nei pazienti con sclerodermia, l’infiammazione dei piccoli vasi sanguigni causa l’attivazione delle piastrine, che rilasciano in circolo delle microparticelle rivestite di HMGB1. Queste interagiscono con i neutrofili, un tipo di globuli bianchi: come risultato, i neutrofili rilasciano al loro esterno il contenuto del nucleo – DNA compreso – con effetti infiammatori sui tessuti circostanti.

Come abbiamo dimostrato sia in vitro che in un modello animale della malattia, è sufficiente la presenza delle micro-particelle che esprimono questa proteina, raccolte da campioni di sangue dei pazienti, per attivare il sistema immunitario, in particolare i neutrofili, in modo patologico”, spiega la Dott.ssa Norma Maugeri, prima firma del lavoro, ricercatrice presso l’Unità di Autoimmunità e Flogosi Vascolare.

HMGB1 possiede però un duplice ruolo – infiammatorio e rigenerativo (già identificato dal gruppo del Prof. Bianchi, tra gli autori dello studio): oltre a danneggiare i tessuti, la proteina ne promuove la rigenerazione, che se non propriamente controllata può dare origine al fenomeno di fibrosi, un ispessimento dei tessuti (specie polmonari) che può dare origine a gravi complicanze.

Una volta avviato questo processo, i neutrofili attivati da HMGB1 rifiutano i segnali di soppressione che normalmente si attivano a fronte di comportamenti anomali, innescando una continua aggressione dei tessuti da parte del sistema immunitario e la loro successiva cicatrizzazione, che diventa cronica e disfunzionale.

Future ricerche dovranno confermare ed espandere questi risultati, ma abbiamo ragione di ipotizzare che la presenza fuori dalle cellule di quantità eccessive di HMGB1 possa essere la prima responsabile del danneggiamento dei vasi e della fibrosi dei tessuti connettivi, e quindi dell’innesco della malattia”, afferma il Prof. Angelo Manfredi, Associato di Reumatologia UniSR, Responsabile dell’Unità di Autoimmunità e Flogosi Vascolare e coordinatore della ricerca.

Se altri studi valideranno questa scoperta, HMGB1 potrebbe diventare in futuro un target terapeutico per la sclerodermia: interferendo con il suo rilascio in circolo da parte delle piastrine o rimuovendola dal sangue dei pazienti, potremo forse sperare di interferire con l’evoluzione della malattia.

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