HMGB1 possiede però un duplice ruolo – infiammatorio e rigenerativo (già identificato dal gruppo del Prof. Bianchi, tra gli autori dello studio): oltre a danneggiare i tessuti, la proteina ne promuove la rigenerazione, che se non propriamente controllata può dare origine al fenomeno di fibrosi, un ispessimento dei tessuti (specie polmonari) che può dare origine a gravi complicanze.
Una volta avviato questo processo, i neutrofili attivati da HMGB1 rifiutano i segnali di soppressione che normalmente si attivano a fronte di comportamenti anomali, innescando una continua aggressione dei tessuti da parte del sistema immunitario e la loro successiva cicatrizzazione, che diventa cronica e disfunzionale.
“Future ricerche dovranno confermare ed espandere questi risultati, ma abbiamo ragione di ipotizzare che la presenza fuori dalle cellule di quantità eccessive di HMGB1 possa essere la prima responsabile del danneggiamento dei vasi e della fibrosi dei tessuti connettivi, e quindi dell’innesco della malattia”, afferma il Prof. Angelo Manfredi, Associato di Reumatologia UniSR, Responsabile dell’Unità di Autoimmunità e Flogosi Vascolare e coordinatore della ricerca.
Se altri studi valideranno questa scoperta, HMGB1 potrebbe diventare in futuro un target terapeutico per la sclerodermia: interferendo con il suo rilascio in circolo da parte delle piastrine o rimuovendola dal sangue dei pazienti, potremo forse sperare di interferire con l’evoluzione della malattia.