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Sclerosi sistemica: UniSR nel team di ricerca italiano

15 luglio 2016
Medicina

I nostri Proff. Sabbadini e Manfredi tra i coordinatori del Progetto di ricerca finanziato AILS

L’AILS, l’Associazione Italiana Lotta alla Sclerodermia, con il progetto “Irene Tassara” finanzia uno studio integrato sulla sclerosi sistemica (o sclerodermia), condotto dalle Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Politecnica delle Marche, e degli Studi di Verona, per scoprire quali meccanismi attivano la malattia e valutare nuove molecole farmacologiche più efficaci.

Letteralmente, “sclerodermia” significa “pelle dura”, perché è caratterizzata da un indurimento ed ispessimento della cute. Si tratta di una malattia cronica ed evolutiva, a patogenesi autoimmune (cioè in cui il sistema immunitario aggredisce in maniera anomala costituenti stessi dell’organismo). Bersaglio dell’aggressione autoimmunitaria sono considerate le cellule dell’endotelio, cioè le cellule che costituiscono il rivestimento interno dei vasi sanguigni.
Questo fenomeno patologico comporta l’alterazione della microcircolazione e quindi della irrorazione sanguigna nella cute e anche in altri organi: il risultato è una maggiore produzione di collagene, una proteina che costituisce il tessuto connettivo, cui consegue l’indurimento e l’ispessimento (la fibrosi) degli organi colpiti, che è la principale particolarità della malattia.
Così spiega il Professor Angelo Manfredi, associato di Reumatologia presso la Facoltà di Medicina dell’Università Vita-Salute San Raffaele, e uno dei coordinatori del Progetto: «La sclerosi sistemica è una malattia autoimmune, dovuta a un’interazione tra genetica, epigenetica e fattori ambientali; può comprendere affezioni prevalentemente di tipo dermatologico, senza coinvolgimento vascolare, oppure presentarsi con vasculopatie e fibrosi non solo della cute ma anche degli organi interni. Essendo sistemica, possono venire interessati tutti gli organi e i tessuti».

Grazie a un importante lascito ricevuto da Irene Tassara, AILS ha voluto destinare 99.000 euro a un progetto di ricerca che si occupasse di studiare la malattia. Per questo, l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, l’Università Politecnica delle Marche e l’Università degli Studi di Verona hanno unito le forze: hanno messo a servizio dei malati le capacità complementari dei tre team, che alla cura clinica dei pazienti con sclerosi sistemica affiancano l’esperienza nello studio dei meccanismi di base delle autoimmunità, della flogosi vascolare e dello stress ossidativo. Nelle regioni dei tre Atenei verranno selezionati 200 sclerodermici, a cui saranno prelevati campioni di fibroblasti e di sangue periferico da analizzare nei tre centri di ricerca, e tenuti sotto osservazione per un anno; l’obiettivo finale è identificare i meccanismi che governano la fibrosi, l’accumulo di collageno e il danno vascolare alla base di questa malattia.

Sempre il Prof. Manfredi riprende: «All’inizio della malattia si attiva l’endotelio, immediatamente percepito dalle guardiane dell’integrità dei vasi, le piastrine. Queste fanno in modo che i vasi rotti si riparino velocemente». Qui sta il primo problema: «Essendoci un’attivazione generale dell’endotelio, anche le piastrine si attivano in maniera generale, rilasciando moltissimi prodotti, chiamati microparticelle – piccoli pezzi di piastrine – che entrano in circolo e contribuiscono all’infiammazione di tutti i vasi, interessando l’intero l’organismo. Questo meccanismo lo conosciamo da molto tempo, ma non sappiamo cosa facciano nella pratica queste microparticelle». «Fibrosi e vasculopatia si manifestano insieme», continua la Professoressa Maria Grazia Sabbadini, responsabile del centro di Immunologia dell’Università Vita-Salute del San Raffaele: «Stiamo cercando di comprendere come gli eventi che caratterizzano la sclerodermia si accavallino tra loro, per sondare quanto uno stimoli l’altro e quali possano essere i meccanismi patologici e molecolari che stanno alla base; normalmente l’infiammazione è un meccanismo di difesa, ma quando si innesca in modo incongruo come sistema vascolare della sclerodermia può portare a danni importanti».

Non ultimo, l’obiettivo dei ricercatori è anche quello di trovare una cura più efficace di quella attuale. Ad oggi ci sono alcune terapie utili a bloccare o rallentare l’evoluzione della malattia, ma non esiste una cura risolutiva; gli immunosoppressori, che vengono attualmente utilizzati, hanno scarsa capacità di stabilizzare la malattia e presentano diversi effetti collaterali. Con questa ricerca i ricercatori si augurano che, una volta terminata la prima fase, si possano replicare le fibrosi in meccanismi animali e testare studi preclinici di nuove molecole farmacologiche.

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