Antonella Antonelli è una giovane ricercatrice nel campo dell’immunobiologia delle leucemie e si occupa di comprendere i fenomeni biologici che regolano la risposta del sistema immunitario contro i tumori del sangue. In particolare, il team di Antonella si concentra sullo studio della leucemia mieloide acuta; il trattamento di elezione per questa malattia è il trapianto, ma sfortunatamente, fino a un terzo dei pazienti trapiantati va incontro a una ricaduta che può avere conseguenze molto gravi.
Obiettivo della ricerca di Antonella è di identificare e caratterizzare i meccanismi molecolari alla base delle ricadute post-trapianto in questi pazienti, con lo scopo di proporre nuove strategie terapeutiche: per questo progetto, è risultata vincitrice di un finanziamento Cariplo “Ricerca Biomedica Condotta da Giovani Ricercatori”, che offre ai ricercatori under 40 l’opportunità di sviluppare e potenziare carriere indipendenti, conducendo progetti di ricerca sotto la propria responsabilità. “Questo finanziamento è arrivato poco dopo il mio ritorno alla ricerca in Italia e dopo la mia maternità e mi ha dato la carica motivazionale e il supporto economico per rimettermi in gioco, per provare a crescere come ricercatore e muovere i primi passi verso l’indipendenza”.
Il problema del trapianto nei pazienti con Leucemia Mieloide Acuta
“Nel laboratorio dove attualmente lavoro, studio principalmente la leucemia mieloide acuta nel contesto del trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche”. Le cellule staminali ematopoietiche sono le cellule che daranno origine a tutte le componenti del sangue: globuli bianchi, globuli rossi, piastrine. Il trapianto allogenico di queste staminali consiste nella loro infusione da parte di un donatore sano in un ricevente malato, dopo che il ricevente è stato “condizionato”, cioè preparato con la somministrazione di chemioterapia e/o radioterapia ad alta intensità.
“La leucemia mieloide acuta è una malattia tumorale del sangue molto aggressiva, complessa ed eterogenea. Il trapianto allogenico è una procedura oggi largamente impiegata per i pazienti affetti da questa malattia; la sua efficacia si basa non solo sulla capacità della chemioterapia e/o radioterapia di condizionamento di eradicare la malattia, ma anche sull’effetto immunologico del trapianto stesso, cioè sulla capacità dei linfociti T [un tipo di globuli bianchi, N.d.R.] del donatore sano di eliminare le cellule tumorali residue eventualmente presenti nel ricevente (un effetto noto come “Graft versus Leukemia”). Sfortunatamente, fino a un terzo di questi pazienti va incontro a una ricaduta di malattia dopo il trapianto e in assenza di terapie di salvataggio efficaci, le recidive post-trapianto rappresentano la prima causa di morte”.
Per questi pazienti che recidivano dopo trapianto attualmente si suggeriscono trattamenti come l’infusione di linfociti T da donatore sano, per potenziare l’effetto “Graft versus Leukemia”, o un secondo trapianto allogenico; purtroppo, nella maggior parte dei casi esse non si rivelano risolutive.
Recenti studi [1],[2],[3] hanno dimostrato come, a seguito del trapianto, le cellule leucemiche sviluppino delle mutazioni per “nascondersi” e sfuggire al sistema immunitario appena trapiantato, che cerca di distruggerle: tali variazioni genetiche ed epigenetiche sono la causa della recidiva nei pazienti. Questo fenomeno prende il nome di “immunoevasione della leucemia”. Il laboratorio del Dott. Luca Vago, Group Leader dell’Unità di Immunogenetica, Genomica delle Leucemie e Immunobiologia, è stato pioniere in questo campo, descrivendo nell’ultimo decennio diversi meccanismi molecolari che, nel loro complesso, spiegano lo sviluppo di recidiva in circa il 60% dei pazienti analizzati. “Comprendere nel dettaglio molecolare tali meccanismi è fondamentale per proporre nuove strategie immunoterapeutiche mirate da combinare al trapianto allogenico per migliorarne l’efficacia a lungo termine o per offrire terapie di salvataggio efficaci in caso di recidiva post-trapianto”.
Il progetto di Antonella
“Sebbene gli studi effettuati sulle cellule dei pazienti siano stati essenziali per dimostrare l’importanza del fenomeno della immunoevasione nello sviluppo di recidive post-trapianto, l’elevata variabilità tra paziente e paziente che caratterizza questi studi non consente di studiare tali meccanismi nel loro dettaglio molecolare. Per la comprensione di questi meccanismi sarà pertanto indispensabile sviluppare appropriati modelli sperimentali che riproducano efficacemente quanto accade nei pazienti”.
Una competenza, quella nella generazione di modelli murini (cioè di topo) per lo studio della leucemia mieloide acuta, che Antonella ha sviluppato lavorando per tre anni in Olanda, e che adesso applica nel suo lavoro al San Raffaele.
“I modelli murini chiamati “xenotrapianti derivati dal paziente” (Patient-Derived Xenograft, PDX) consentono di ricreare nell’animale le condizioni per studiare le complesse interazioni che avvengono fra i linfociti T del donatore e le cellule leucemiche del paziente. In particolare, nel progetto da me coordinato combineremo un avanzato modello murino umanizzato di leucemia mieloide acuta con le più recenti tecniche di trasferimento genico per fare uno screening di geni e processi molecolari potenzialmente coinvolti nel riconoscimento della leucemia da parte dei linfociti del donatore”.
Grazie a questi studi sarà possibile migliorare l’efficacia a lungo termine del trapianto scegliendo la terapia di salvataggio più appropriata, come l’utilizzo di farmaci immunoterapici e terapie mirate in grado di potenziare l’azione immune antileucemica, per superare i meccanismi di evasione messi in atto dalla leucemia.
[1] Zeiser and Vago (2019), Mechanisms of immune escape after allogeneic hematopoietic cell transplantation
[2] Toffalori et al (2019), Immune Signature Drives Leukemia Escape and Relapse After Hematopoietic Cell Transplantation
[3] Vago et al (2009), Loss of mismatched HLA in leukemia after stem-cell transplantation