Le parole del Professor Manara per la giornata mondiale degli infermieri
Pochi giorni fa abbiamo festeggiato la giornata internazionale delle ostetriche e il 12 maggio festeggeremo la giornata internazionale delle infermiere e degli infermieri.
Le celebrazioni di quest’anno hanno un sapore speciale, in particolare per noi infermieri del San Raffaele. L’emergenza dovuta alla pandemia del virus SARS-CoV-2 è caduta causalmente nell’anno che l’Organizzazione Mondiale della Salute ha proclamato Anno internazionale delle infermiere e delle ostetriche e infine, si spera, sarà l’anno in cui la nostra Università aprirà il Corso di Laurea Magistrale in Scienze infermieristiche ed Ostetriche.
In questi pochi mesi, il COVID-19 ha portato alla morte decine di migliaia di persone in tutta Italia, ed in particolare nella nostra Regione; molti colleghi si sono ammalati, molti sono mancati e alcuni non hanno retto lo stress emotivo e si sono addirittura tolti la vita. La pandemia ha rivelato all’intera nazione il valore dei gesti della cura e dei professionisti che li compiono, e la nazione ne è rimasta colpita.
I “nuovi eroi”: il valore dei gesti della cura
Sono decine di migliaia le testimonianze che sentiamo e leggiamo sui media e sui social che apprezzano il lavoro dei colleghi impegnati sul campo.
Fabio, un giovane tecnico di una importante rete televisiva che abbiamo conosciuto in queste settimane, era terrorizzato all’idea di entrare nel nostro ospedale per le riprese di un importante evento formativo legato a COVID-19. Qualche giorno fa ha scritto su facebook: “Sono sempre stato un ipocondriaco cronico… ma poi ho conosciuto medici e infermieri che ci accoglievano con sorrisi enormi e una tranquillità che definivo anomala. E ho capito che chi ha paura non può entrare in ospedale. Chi ha paura non può entrare tutti i giorni in una sala dove c’è gente in fin di vita. Grazie a loro ho smesso non di avere paura, ovvio, ma di averne più del normale. Perché queste persone prendono l’altra parte della nostra paura, l’abbracciano e la guariscono con tutte le loro forze”.
Ecco il cuore del nostro lavoro: curare significa farsi carico delle persone nelle loro sofferenze per guarirle, quando si riesce, e comunque – sempre – per accompagnarle per un tratto di strada che a volte può essere l’ultimo.
Un’intera nazione ha conosciuto il valore del suo personale sanitario, e tra le trenta diverse professioni che ne fanno parte, del personale infermieristico. E con orgoglio possiamo davvero dire che abbiamo saputo fare fronte a questa prova. Sui social ci chiamano angeli o eroi… ma noi stiamo facendo solo il nostro lavoro, come lo facevamo prima e come faremo dopo la pandemia.
Il lavoro dell’infermiere: passione, formazione, arte e scienza
La gente apprezza la nostra umanità e il nostro coraggio, ma non sa quanta scienza c’è dietro ad ogni gesto di cura.
Per quanto sia importantissima la passione per il proprio lavoro, occorrono anni di studio, di esercizio supervisionato, di crisi e di errori, di lavoro su di sé per essere trovati pronti al momento del bisogno: competenti nella tecnica così come nel cogliere il giusto grado di coinvolgimento personale nella relazione con l’altro.
Il fascino della nostra professione, la più vicina di tutte alla persona sofferente, è che è un mix ben equilibrato di scienza e arte, governato dall’etica della responsabilità.
Florence Nightingale, la madrina della moderna professione infermieristica, di cui il 12 maggio festeggiamo il bicentenario della nascita, scriveva alle sue infermiere che:
“A nulla vale imparare ad assistere gli infermi, se non si impara ad assisterli con il proprio cervello e col proprio cuore”.
Come a dire che il miglior strumento di cura che abbiamo siamo noi stessi.
Qualità della formazione: gli studi che raccontano l’importanza della formazione del personale infermieristico
E oggi, a due secoli da allora, le più importanti riviste mediche pubblicano risultati di studio impressionanti. Uno studio pubblicato su Lancet sostiene che si può ridurre del 30% la mortalità dei pazienti ospedalizzati, quando almeno il 60% del personale infermieristico sia formato in università. Una serie di studi pubblicati sul New England afferma che la qualità del nursing è correlata ad una diminuzione delle complicanze, dell’occupazione dei posti letto, dei fallimenti nella rianimazione e ad un aumento del self-care di pazienti e familiari. Ciò che fa la differenza non è quindi solo l’attitudine o la vocazione alla cura, ma la formazione universitaria e la propensione alla ricerca degli infermieri.
Scrive il dott. Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell'OMS presentando il recentissimo State of the World’s Nursing Report – 2020: “Gli infermieri sono la spina dorsale di qualsiasi sistema sanitario. Oggi molte infermiere si trovano in prima linea nella battaglia contro COVID-19. Questo rapporto è un forte promemoria del ruolo unico che svolgono e un campanello d'allarme per garantire loro il supporto di cui hanno bisogno per mantenere il mondo in salute.”
Lo straordinario percorso di crescita fatto dalla professione infermieristica in questi due secoli non può dirsi concluso, ma è ormai una consapevolezza diffusa.
Florence sarebbe sicuramente orgogliosa di tutti noi.
UniSR si unisce alle splendide parole del Professor Fiorenzo Duilio Manara e ringrazia tutti gli infermieri, i tutor e gli studenti.
Per approfondire l’argomento è disponibile una relazione redatta da Almalaurea: Relazione giornata mondiale degli infermieri - Almalaurea 2020
«L’emergenza sanitaria ha messo in luce il grande capitale umano in quota al servizio sanitario. Perché la pandemia mondiale ha svelato il volto umano nascosto dietro quelle mascherine e quei camici che, con passione e competenza professionale, sono da sempre un punto di riferimento importante del percorso terapeutico di tutti i malati e delle loro famiglie» il presidente di AlmaLaurea Ivano Dionigi